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E’ un tipo che contagia voglia di ascoltare musica, Joe Perrino.
Lo abbiamo contattato perchè nel passaggio tra il primo disco di
Elefante Bianco e il secondo, Elevazione, è sintetizzato il percorso
della musica in questi anni. Dal suono elettrico al suono elettronico. Dagli
strumenti suonati agli strumenti risuonati, leggi campionamenti. Ne è
uscita fuori una chiacchierata micidiale per chi vive di queste cose.Un
quadro lucidissimo sulla situazione attuale, una fotografia della scena
cagliaritana, frammenti di storia del rock sardo e italiano, clamorose anticipazioni.
Pronti? Si parte.
Siamo al Doctor Blues, uno dei pochi locali a Cagliari che guarda un po’ più in là. Ci sediamo e il cuore di Joe Perrino fa il resto. Tra Elefante Bianco e Elevazione, più che quattro anni sembra sia passato un millennio... Sì, perché la musica nel frattempo è arrivata a una specie di punto morto. Nel senso che è difficile creare delle cose nuove e originali, anche perché si è più o meno detto tutto. L’ unica novità, se la vogliamo chiamare novità, è contaminare la musica con varie influenze. Vedi Elefante Bianco, con cui, nel primo disco avevamo fatto una sorta di crossover dove si miscelava un po’ di funky, un po’ di rap, con delle linee molto dure, coronate poi da delle linee melodiche molto forti, degli incisi, dei ritornelli molto pop. Invece con l’ultimo disco, Elevazione, ci siamo fatti contaminare dall’elettronica.Abbiamo iniziato a lavorare in principio da soli, in sala prove, con campionatori - chiaramente obbligatorio l’uso del campionatore che ti permette di campionare, di fare proprio dei campioni dei suoni e da mettere poi con i sequencer in vari punti delle tue canzoni - abbiamo scelto come produttore Mauro Theo Teardo, una persona che aveva le mani in pasta nell’elettronica e in più faceva musica dura, quindi la migliore commistione per Elefante Bianco. E niente, ci siamo sbizzarriti a lavorare con sequencer e campionatori, cercando di usare dei suoni elettronici un po’ anche anni ‘80, addirittura cercando di creare dei suoni con delle forme d’onda - ci sono dei programmi di computer adesso con cui ti puoi fare il suono, dei suoni di sintesi - e così sta andando avanti la musica. Infatti tutto quello che senti ultimamente è il meno elettrico possibile e il più elettronico possibile. Lo possiamo riscontrare con gente tipo Zucchero. Addirittura, se senti l’ultimo brano di Zucchero, quello incriminato di plagio, sotto ha un groove di drum’n’bass, ossia una batteria elettronica, un campione di un determinato tot di misure che si ripete per tutto il brano. Poi ho un altro progetto che è RA.EL, completamente elettronico, nel senso che abbiamo una chitarra, delle tastiere, un rumorista. Abbiamo comprato anche delle tastiere apposite che hanno delle sonorità specifiche e si lavora molto con il campionatore. La cosa che si sta comunque rischiando, secondo me, con l’elettronica è quella di poter diventare schiavi. Fortunatamente con Elefante Bianco non esiste questa cosa: tu puoi anche venire a vedere un concerto e ti rendi conto che sì, hai un tot di cose in elettronico che vanno da sole, dove tu ci suoni sopra, ma tu ci stai suonando! Comunque una volta che riesci a entrare dentro le cose elettroniche, riesci a manipolarle come vuoi, per lo meno a non farti inglobare. Solo che per fare questo ci vuole una certa esperienza, una certa maturità e determinate doti tecniche. Altrimenti ti fai ingabbiare e diventi un robot. La musica si sta spostando su queste sonorità. E Cagliari? E’ fuori dal mondo o sta cambiando qualcosa anche qui? A Cagliari ho notato che siamo ancora un po’ arretrati. Giusto qualche esempio. Abbiamo forse i Mucca Macca che fanno del drum’n’bass. Poi, ad esempio, ho sentito i Cani da rapina e stanno lavorando con i campionatori, eccetera. Tutte queste cose qua sono cose che sono arrivate dopo. Io sono sicuro che se Elefante Bianco non avesse tirato fuori il campionatore, molti gruppi metal o pseudo metal il campionatore non saprebbero neanche cos’è. Proprio per il semplice fatto che il problema di Cagliari è proprio quello: i gruppi, invece di guardare avanti, per sollevarsi ti mettono le mani sulle spalle e si sollevano così. Non è che cercano di crescere o si fanno stirare. No, mettono le mani sulle spalle e cercano di schiacciare te per salire loro. Sei dunque un’eccezione nella scena cagliaritana... Mi considero un’eccezione nella scena cagliaritana non per boria o superbia, assolutamente. Mi considero un’eccezione per il semplice fatto che ho sempre guardato oltre. Io mi sento come un Max Cavallera dei Sepultura, come un Mike Patton dei Faith No More perché sono miei coetanei. E’ gente che suona da tanti anni quanto suono io. Quando anni fa facemmo il primo disco di Elefante Bianco, che in Italia dicevano: l’Henry Rollins italiano, il Danzig italiano. Ma perché? Henry Rollins avrà tre-quattro anni più di me, Danzig la mia età. Io ho iniziato a suonare la batteria da ragazzino. Ho iniziato a suonare, più o meno professionalmente, con gli SS20, facendo hardcore e punk nel 1980, quindi penso che ho poco da imparare anche se ho sempre guardato all’estero, per forza di cose. Ecco, da dove ti arrivano gli input per continuare a cambiare? A me piace la continua evoluzione: viaggio, ascolto molta musica, leggo moltissimi libri, vado tantissimo al cinema, cerco di stare sempre al passo con i tempi. Perché secondo me è fondamentale quello: o fai una scelta, come poteva essere un Joe Perrino & the Mellowtones, un gruppo che doveva fare quelle cose. Ci siamo poi orientati su una cosa un po’ più glam, più anni settanta, ma proprio per un’esigenza di evoluzione. Anche Iggy Pop ha iniziato con gli Iguanas, e facevano garage. Anche Alice Cooper ha iniziato con un gruppo garage e poi ha fatto quello che ha fatto. Dico, sono soltanto dei punti di partenza. Poi chiaramente ci sono dei gruppi coerenti come i gruppi garage che parti con quello e muori con quello. E’ uno stile di vita che posso anche ammirare, però, secondo me, una continua evoluzione ci deve essere. Ma questa continua evoluzione dove porta?Ai campionamenti dei campionamenti? Guarda, secondo me avremo il boom dei campionamenti ancora per due-tre anni. E poi? Poi si tornerà indietro a delle forme molto più semplici. Tanto lo sai: è una ruota che gira. Adesso si sente tanto parlare degli anni ‘80, di questo ritorno di vecchi dinosauri come Bauhaus. Riscoperta, rivalorizzazione, ulteriore valorizzazione di gente come Cure, o che cazzo ti posso dire, di gente come Echo & the Bunnymen, Depeche Mode, che stanno risalendo la china. Sta andando di nuovo un po’ di moda quel tipo di sonorità, vedi gruppi italiani come Blue Vertigo. Sembrano nati avantieri, ma i Blue Vertigo sono in cantiere dal 1980. Son dagli anni ‘80 che lavorano: loro erano dei fans di Duran Duran, Depeche Mode, quelle cose elettroniche di quel periodo e non hanno fatto altro che portare avanti quel discorso fino a maturare con un disco come Metallo non metallo. Fanno quello che facevano vent’anni prima: guarda quanto ci hanno messo a diventare famosi. Oh scusa, io parlo un casino... Ma no! Vai a ruota libera! Io suono perché fondamentalmente lo faccio col cuore. A me piace suonare. Io salgo sul palco...è quasi come una scopata...a me piace proprio suonare. Pensa che attualmente io ho: Elefante Bianco, il progetto madre, quello che quando suono sto bene; RA.EL., l’altro progetto elettronico; ho rimesso in pista i Joe Perrino perché facciamo i quindici anni. Faremo tre-quattro date in Sardegna: faremo Cagliari e altre due cose con la formazione originale, quella beat. Una figata, stiamo provando: alla prima prova ci siamo commossi. I primi Joe Perrino: Love the colours, I had a dream, quelli garage. Niente da Rane’n’roll? Penso che non faremo niente da Rane’n’roll Rane’n’roll è un disco che non ti ha mai troppo soddisfatto... Non sono mai stato particolarmente soddisfatto perché è stata una produzione di merda. Siamo stati un po’ bistrattati dalla casa discografica, la IRA, la casa discografica dei Litfiba. La casa discografica si è trovata a un bivio: o facciamo diventare famosi i Litfiba e ci concentriamo su quello e chiaramente sganciamo gli altri gruppi. E’ quello che hanno fatto con noi. Non ci hanno mollato: li ho mandati affanculo prima io. Forse ho fatto una cazzata, ma non mi piace piangere sul latte versato. Io poi ho avuto la possibiltà di suonare all’estero e bum, me ne sono andato. Comunque è un disco che metti adesso e suona non dico attuale, però, se ascolti le ritmiche di Marylin Manson, alla T Rex,... Marylin Manson può prendere per il culo ragazzini di 17 anni, ma non me. Marylin Manson si è preso la videocassetta di David Bowie L’uomo che cadde sulla terra, si è ascoltato i T Rex, qualche disco di Alice Cooper, ha fatto un pout pourrie, ha buttato tutto in un calderone, tra tra tra ed è uscito l’ultimo disco. Per quanto comunque io stimi Marylin Manson: è un grande artista, l’ultimo disco è bello, il penultimo lo stesso. E’ uno con le palle, è uno che sul palco ci sa stare, è un attore, un’artista con i controcoglioni. Che sia costruito, che siano le major che lo pompano, che abbia tanti soldi per poter fare quello che cazzo vuole è un altro discorso. Tu immaginati qualunque persona che ha un minimo di talento, con dei mezzi... fai i cazzi che vuoi...ti trasformano in Claudia Schiffer! Per finire, una riflessione su dj e manipolatori di suoni. Non pensi che, concentrandosi a creare colonne sonore della realtà, stiano perdendo il senso della forma-canzone? Bravissimo! Abbiamo visto nascere un drum’n’bass... Esatto! Che non ha forma - canzone... Che non era forma canzone precedentemente. Ora come ora l’orientamento è diverso. Se tu senti Mezzanine dei Massive Attack, stanno cominciando a fare canzoni. Stessa cosa: io ho cominciato a fare il disco di RA.EL.( uscirà a febbraio-marzo) ed è una forma di drum’n’bass più orientato sulla canzone. La canzone deve rimanere sempre. Gli anni ‘60 che cosa ci hanno insegnato? La canzone pop. Tu guarda anche Elefante Bianco. Ci puoi mettere muri, però c’è sempre il ritornello, c’è sempre la canzone, c’è sempre un filo logico, c’è un testo che va avanti. Ti faccio un altro esempio: uno dei miei gruppi preferiti degli anni ‘70 qual era? I Genesis, di Peter Gabriel. Mi sveno, ho tutto. Perché? Perché i Genesis facevano canzoni. Anche di 18-22 minuti, ma canzoni. Con un testo, io ci tengo ai testi. A cercare di scrivere qualcosa un minimo decente, senza nessuna presunzione, cercando di trattare quello che guardandoti intorno ti viene in testa. Come Elefante Bianco ci consideriamo un gruppo disagista, mettiamo a fuoco i problemi che possiamo avere noi, nel rapporto tra le persone: storie di sesso, d’amore... Storie intimiste... Sì, mai roba sputtanata, roba politica. Noi siamo un gruppo apartitico. A me della politica non me ne frega un cazzo. Voto la cosa più pulita e più sana possibile, ma non me ne sbatte un cazzo della politica. This is Joe Perrino, senza tagli e senza censure. Prendere o lasciare. |