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Ci siamo intestarditi su Italo Calvino. Dopo aver assaporato „Palomar" e averlo trovato un pó troppo fine per i nostri volgari palati, siamo ricorsi al Calvino che piú ci era familiare e quindi abbiamo divorato „ Il barone rampante", opera databile al giugno 1957 per i tipi della Einaudi. Che dire? Un pó come ritornare a casa. Il libro é il solito trucco di Calvino: quello di raccontarci ( o meglio raccontare ai ragazzi, tanto da introdurre il racconto, nel 1965, in un’antologia per la scuola ) una storia fantastica che poi ha piú riflessioni e attinenze con la realtá di un pezzo giornalistico. Il libro é affascinante, carico di quella conoscenza della natura insospettabile solo in chi conosce Calvino superficialmente e non sa che proveniva dall’unione tra un agronomo e una botanica, per giunta di origine sassarese. Scusate la nostra impertinenza o la nostra bassezza, ma con „Il barone rampante" ci siamo trovati piú a nostro agio. Sic et simpliciter. Carlo Dessalvi |