Cagliari ha vissuto con attenzione e interesse la vicenda delle due studentesse universitarie in carcere a Bali per detenzione di stupefacenti. Molti si sono indignati, hanno scritto preoccupati ai giornali e si sono stupiti della durezza delle leggi penali di quel paese lontano, che arrivano a permettere mesi (fino a 14) di carcerazione preventiva. Ovvero prima che ci sia una sentenza che afferma la colpevolezza di un soggetto. Non mi interessa la polemica sulle due studentesse, mi ha interessato invece molto il curioso dibattito che intorno alla vicenda si è sviluppato. D'accordo, non tutti i cagliaritani hanno (per loro fortuna) dimestichezza con le patrie galere e i tempi della detenzione preventiva in Italia, ma arrivare ad inorridire per un massimo di 14 mesi, quando in Italia si può (senza clamore) arrivare a 24, mi pare difficilmente giustificabile. Due anni, tanto può durare nel nostro paese la custodia cautelare, prima di un giudizio che dica una parola sulla innocenza o colpevolezza dell'imputato. Spesso utilizzata in modo distorto e con finalità diverse da quelle, cautelari appunto che dovrebbe avere, finisce per avere una funzione anticipatoria della pena. Tutto questo capita a pochi passi da ognuno di noi, non in un paese lontano, ma nessuno trova da ridire. La custodia cautelare colpisce in Italia uomini e donne che, spesso innocenti, consumano il proprio tempo a cercare di capire perché qualcosa di così devastante capita proprio a loro. A rendere più dura la situazione è il cosidetto regime carcerario, ovvero l'insieme delle regole organizzative che governano il carcere, Assai poco rispettose della dignità del singolo carcerato, si trasformano non di rado in una pena ulteriore, anche questa non avallata da alcuna sentenza di condanna. Anche qui le esigenze cautelari giustificano restrizioni di ogni genere alla libertà del detenuto di ricevere posta, spedire lettere, telefonare, colloquiare, passeggiare all'ora d'aria. Michel Foucault ragionando sulla nascita del carcere scriveva alcuni anni fa che questa istituzione nacque come una operazione di ortopedia sociale. Una nuova tecnologia: un insieme di procedure per incasellare, controllare, misurare addestrare gli individui. "Un sistema per assoggettare i corpi, dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze" Sono passati alcuni anni ma non molto è cambiato in questo panorama. Ci consola che la gente comune trovi ancora tutto questo troppo e si indigni, come è successo recentemente per le due studentesse cagliaritane, solo sarebbe bello che si indignasse tutti i giorni, perché queste cose capitano tutti i giorni a pochi metri da casa loro.