La Citta di K, caleidoscopio nero di letteratura

Questa opera di Agota Kristof, scrittrice di ungherese, costituisce un raro esempio di shock letterario. Ambiente: Ungheria, o paese comunque dell'Est europeo (lei non lo nomina mai. Il periodo è quello che parte dalla Seconda Guerra per arrivare ad anni a noi recenti. Lo stile è fatto di una prosa asciutta fino all'esagerazione: viene da pensare allo zigzagare del volo di una mosca.

Tre storie, un unico filo conduttore: la vita dei protagonisti. Le vicende di due fratelli sfollati in un paesello di confine ed accolti da una nonna sporca e venale. Specie nella prima parte ogni quadro è un vero e proprio pugno allo stomaco del lettore. Si ribaltano punti di vista, si calca la mano sull'osceno. Una fiaba macabra da cui ti aspetti un finale poco lieto.

Poi il caleidoscopio della storia comincia a girare, lentamente. I contorni si muovono, le realtà perdono consistenza. Entra in gioco una visione del tempo, costruito come una lente fuori fuoco rispetto all'ambiente che si guarda. Nella storia dei due fratelli gli accadimenti sono subito ricordo. Ed il ricordo è uno spirito labile, che non si può fissare, neanche in un racconto, per quanto sia un buon racconto.

F.P.