ABBAS KIAROSTAMI: NUOVO CINEMA IRANIANO TRA REALTA' E POESIA
Ci sono film che veicolano un'immagine della realtà che non esiste perché totalmente stravolta dal mezzo cinematografico e dalle sue infinite possibilità espressive; è il caso di certo cinema americano che ci restituisce sequenze vi-sive ottenute eliminando i tempi morti e le imperfezioni della vita. La realtà nel suo fluire naturale colmo d'imprevisti e deviazioni è invece il campo d'indagine del "maestro"Abbas Kiarostami ospite di recente a Cagliari per un interessantissimo ciclo d'incontri e proiezioni. Pluripremiato esponente del cosiddetto "nuovo cinema iraniano", Kiarostami si differenzia però da re-gisti come Mohsen Makhmalbaf, Jafar Panahi e Samira Makhmalbaf i cui film sono spesso esplicite denunce della difficile situazione iraniana. Il suo cinema esplora preferibilmente i territori dell'infanzia (Dov'è la casa del mio amico) e delle esistenze "semplici"(Close up) con un linguaggio che privilegia lunghi piani sequenza in campo lunghissimo e che crea suggestive geografie dell'anima tramite rimandi intertestuali tra le pellicole (come nella trilogia di: Dov'è la casa del mio amico, E la vita continua e Sotto gli ulivi). Non è un ca-so che il suo interesse per la vita nella sua totalità arrivi ad includere non solo il cinema come pratica reale (il dispositivo scenico è spesso palesemente sve-lato come in uno specchio) ma tutte le arti con le quali l'autore ha avuto modo di cimentarsi: pittura, fotografia e poesia. E proprio la poesia diventa per Kiarostami strumento di mediazione fra contesti apparentemente distanti quali le realtà rurali dell'entroterra iraniano e la cosiddetta "cultura ufficiale". L'ultimo bellissimo film (Il vento ci porterà via) prende spunto dai versi di una famosa poetessa iraniana per sottolineare come l'intera esistenza sia sottoposta ai cambiamenti imprevisti e alle devia-zioni piene di storie da raccontare. Ancora una volta l'autore annulla i limiti dei linguaggi artistici rendendoli parte di una narrazione volutamente aperta alle interpretazioni. Come egli stesso ha dichiarato a Cagliari (a proposito dei finali aperti dei suoi film): "il cineasta non è un santo né un filosofo, egli non ha il compito di fornire risposte ai grandi interrogativi dell'esistenza ma solo quello di porre delle domande". Adriana Fisichella adrianafisichella@tiscalinet.it