Cormac McCarthy
Figlio di Dio
Einaudi 2000
Singolarmente ambientato in una sperduta contea tra i boschi incantati e le lande gelide del Tennessee, in una natura che rievoca scenari da fiaba, in un mondo rurale, isolato dalle caotiche metropoli di una lunga tradizione cinematografica, il romanzo di McCarthy, ci propone un serial killer anomalo: "… piccolo, sporco, con la barba lunga. Si muove con impacciata ferocia tra la paglia secca, in mezzo alla polvere e alle strisce di luce. Sangue di sassoni e celti nelle sue vene." Egli rappresenta il male assoluto che si fa beffe degli uomini e della loro giustizia sommaria, visto che l'autore lo definisce ironicamente "nient'altro che un figlio di Dio come voi, forze". In questo contesto che alterna, come in un sapiente montaggio, sequenze narrative di intensa espressività lirica a brevi flashback e commenti, spicca una scrittura nitida e graffiante che coinvolge il lettore in un ambiguo gioco di identificazione con lo spettro di un'umanità degenerata: "una razza che alleva gli storpi e i folli, che vuole nella propria storia il sangue infetto di queste creature, e lo avrà." Un insieme creativo dissacrante che non esclude delicatezze poetiche memori della letteratura di più ampio respiro.
Adriana Fisichella