L’articolo giornalistico all’Esame di Stato

 

 

Il problema

Come affrontare l’articolo giornalistico previsto nel nuovo Esame di Stato? La domanda se la sono fatta un po’ tutti. Per primi gli insegnanti, che al di là delle consuete poche righe dedicate dai manuali all’argomento, non hanno avuto modo e tempo di costruire gli strumenti didattici atti a prendere le misure alla riforma. Sicuramente è stata una domanda angosciante per gli studenti, a cui sono state enunciate (ma mai spiegate nel dettaglio) le possibilità e l’utilità della nuova prova scritta.

Da qui la necessità di costruire un piccolo corso di teoria e tecnica giornalistica, articolato in due lezioni, da due ore ciascuna, svolte presso il Liceo scientifico Pitagora di Selargius (CA) nel mese di marzo. Gli interventi, svolti in classe con la partecipazione attiva delle docenti di Italiano, sono stati articolati in una parte di spiegazione teorica, seguita da esercitazioni pratiche. I concetti e le tecniche sono state illustrate ricorrendo ad esempi tratti dai giornali quotidiani nazionali e locali, nonché dalla stampa periodica nazionale.

Lungi dalla pretesa di completezza didattica, il progetto aveva l’ambizione di fornire ai ragazzi alcuni strumenti concettuali base per costruire un elaborato del tipo articolo giornalistico. Alla luce dell’interesse dimostrato dagli alunni e dai risultati degli elaborati prodotti in classe, il bilancio ci pare positivo.

La speranza è che il nostro lavoro possa aver dato un contributo utile all’opera quotidiana di istruzione praticata nella scuola.

Francesco Piras

Stefano Ambu

 

 

Prima lezione

Quando il ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer, annunciò la novità di una terza opzione all’interno della tradizionale prima prova scritta dell’esame di maturità, c’è stata qualche perplessità da parte dei vertici delle associazioni della stampa italiana. In particolare, Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale della federazione nazionale stampa italiana, si è chiesto: "non è forse questo un modo surrettizio per far credere ai ragazzi impegnati nella prova di maturità, che la professione giornalistica consista in una prova d’esame che chiunque è in grado di affrontare?"

Al di là delle logiche difese di parte, occorre sottolineare che il binomio giornalismo-scuola non è certo un’invenzione di Berlinguer. L’idea del giornale in classe - e questo lo riconosce anche Serventi Longhi - è un’idea forte, ormai istituzionalizzata anche a livello di scuola elementare. Un’idea che, tra l’altro, si poggia su fondamenti pedagogici che risalgono ai primi del ‘900, con Freinet.

L’articolo di giornale è un’opzione che va conosciuta, anche se poi non verrà utilizzata. E’ un’opzione che può essere in sintonia con certi tipi di personalità, che, teoricamente possono essere soffocati dal canonico mezzo del tema. Per assurdo, è un’opzione che se conosciuta, e scartata, ci rende maggiormente consapevoli dell’importanza delle altre opzioni. Insomma, se noi conosciamo l’opzione articolo, i casi sono due: o ci piace o la utilizziamo, o non ci piace, però, comunque, scegliamo.

In questo senso, promuovere l’opzione articolo non vuole essere necessariamente distruggere la possibilità di scelta del tema. Anche perché ‘tema’ è un concetto abbastanza vago, non criticabile di per sé. Piuttosto lo è nella accezione in cui va solitamente inteso. L’articolo di giornale consente, al di là della vaghezza del concetto-tema, di andare oltre. Di fare esprimere veramente qualcosa che il candidato vuole esprimere.

Il tema e l’articolo

Differenza tra tema e articolo: tipico, ormai di scuola, è il caso del giovane aspirante giornalista, lodato a scuola per i suoi compiti in classe, che presenta il suo primo ‘pezzo’ al caporedattore del quotidiano cittadino. E, si sente rispondere: bravo, un bel tema, ma a noi serve un articolo. E a questo punto che entriamo nel merito del problema. Cosa manca al bravo studente per scrivere come un cronista? E quindi: cosa manca a quel "tema" per essere "articolo"? Manca certamente una professionalità, che il ragazzo potrà raggiungere solo dopo anni di pratica e studio. Non manca però la conoscenza del codice linguistico, funzionale al media usato, che passa sotto il nome di "linguaggio giornalistico".

Al di là della scuola, infatti, come conosciamo le cose? Sappiamo le vicende della guerra del Kosovo, l’omicidio Marta Russo dai giornali, o dai telegiornali. Quindi ascoltiamo in continuazione messaggi che sono elaborati sotto forma di articolo. E questi messaggi, questo stile, questo linguaggio, bene o male ce l’abbiamo in testa. Se conosciamo un codice linguistico tanto da apprendere attraverso di esso concetti complessi, quale difficoltà potremmo incontrare nel riproporre gli stessi contenuti con le medesime coordinate linguistiche?

Difficoltà legate all’abitudine all’utilizzo pratico certo, o all’attitudine individuale al raggiungimento della chiarezza narrativa. Non altro.

Del resto non basta saper usare bene lo stile giornalistico per fare un articolo. Perché il giornalismo non è solo parola, ma comunicazione. L’articolo è infatti la narrazione di un fatto o di un pensiero, che a differenza di ogni altra forma letteraria, ha come suo concetto base il rapporto dello scrittore con il destinatario dell’articolo. L’articolo giornalistico esiste perché esiste un lettore che chiede di essere informato. Senza il lettore, non esiste l’articolo. Mentre senza il lettore esistono il romanzo e la poesia.

Il giornalista dunque non scrive che per spiegare in termini chiari un fatto o un pensiero al lettore. Questa è anche la barriera divisoria tra l’articolo giornalistico ed il tema.

Chiarezza, completezza, piacevolezza.

Uno dei requisiti fondamentali dell’articolo è la chiarezza. L’articolo deve essere chiaro: è un prodotto commerciale, non è un prodotto artistico. Il medium, il giornalista, si avvale della fonte (la conoscenza) e la trasmette in modo tale che l’utente la recepisca al meglio. Non per soddisfare un’esigenza personale, ma per mettersi al servizio dell’utente, cercando di cogliere le probabili domande e curiosità che un fatto può suscitare.

E’ inevitabile che la qualità del messaggio venga penalizzata da questo passaggio. Sull’altare della chiarezza vengono sacrificati fatalmente finezze stilistiche e giochi linguistici. Ma il giornalista non è un poeta. Il messaggio non deve essere ‘bello’, deve essere recepibile.

Un altro requisito strettamente legato alla chiarezza è la completezza. Niente è banale: se è utile, tutto va detto. Esiste una tecnica per verificare oggettivamente se un articolo possiede il requisito della completezza. E’ la regola delle 4 W: who? (chi?), what? (che cosa?), where? (dove?), when?(quando?), why?(perché?). Se nel pezzo ci sono le risposte a queste cinque domande, significa che esso è completo. Un’altra domanda alla quale bisogna, e talvolta è essenziale, rispondere è l’how? (come?): conoscere le modalità di un fatto è fondamentale, almeno quanto conoscere il chi, che cosa, ecc. del fatto. Davanti alla notizia di una guerra civile, il fatto che ci siano delle uccisioni (what) è prevedibile. Il fatto prende tutta un’altra dimensione se per operare quegli ammazzamenti vengono utilizzate le roncole (how).

Terzo e ultimo requisito di un articolo è la piacevolezza. Il pezzo deve farsi leggere, sia per superare la concorrenza degli altri articoli presenti nello stesso giornale, sia per contrastare i messaggi proposti da altre testate o da media differenti (radio, internet, tv). Il giornale, in genere è, più che letto, sfogliato. Spetta a chi scrive il compito di catturare l’attenzione, di far sì che un semplice sguardo diventi una vera e propria lettura del pezzo. Il compito sarà facilitato non poco anche dall’argomento dell’articolo e dalla grandezza ed aspetto grafico del titolo.

Il lead

Il giornalista ha un mezzo, sopra tutto, per incantare il lettore: l’attacco. Quante volte il lettore abbandona un pezzo dopo poche righe? Quante volte le prime righe inducono il lettore a leggere tutto il pezzo? Il lead (to lead=condurre) o attacco o cappello (è la frase che si mette in testa) è per gli inglesi la opening sentence. Per loro non dovrebbe mai superare le quaranta parole. Lead lo chiamano soprattutto gli americani volendo sottolineare la funzione di guida alla lettura del pezzo.

Sul modello del giornalismo americano e di agenzia, negli anni cinquanta il lead coincise con l’uso delle 5 W. L’applicazione sistematica della regoletta finì però per produrre un appiattimento stilistico: i pezzi iniziavano tutti alla stessa maniera. Nella seconda metà degli anni Cinquanta il quotidiano "Il Giorno" introdusse un nuovo tipo di lead che portava in primo piano un particolare dell’avvenimento o della vicenda oggetto del pezzo: il segreto era anticipare qualcosa che tenesse desta la curiosità del lettore.

Dopo l’avvento della televisione nasce nell'articolo giornalistico l’esigenza di trovare una strada in una selva di messaggi concorrenti. Si scrive con l’ossessione di non apparire noiosi al lettore. Per questo motivo il lead si disarticola in una varietà di forme, in molti casi fini a se stesse. C’è un pericolo anche qui. Sulla via di una spettacolarizzazione televisiva della notizia, numerosi pezzi cominciano con attacchi brillanti o drammatici che non possono mantenere ciò che promettono, perché sono sganciati dai contenuti.

Ecco comunque alcuni esempi degli attacchi comunemente usati nei giornali:

  1. attacco in stile anglosassone: utilizza la regola delle 4 W.
  2. " Ieri sera alle 19 nelle campagne di Viterbo ignoti malviventi hanno attentato alla vita del maresciallo Rocca, figura di spicco dell’Arma dei Carabinieri. Dopo aver esploso alcuni colpi di arma da fuoco contro Rocca, i malviventi si sono dileguati. Il comandante risulta illeso"

  3. attacco-situazione: mette immediatamente il lettore di fronte a una scena concreta e lo porta direttamente a contatto con i protagonisti.
  4. "Gli occhi scavati, un pigiamino lercio coperto da un cappottino rosso, ancora assonnato, Pasqualino, 3 anni, era pronto per essere venduto dai genitori".

  5. attacco-dichiarazione: l’articolo parte con le parole, tra virgolette, del protagonista della notizia o con una frase, riferita anche da un personaggio di secondo piano, carica di significati.
  6. "L’ho fatto per sfamare la mia famiglia". Così, S.B., 44 anni, si è giustificato di fronte agli agenti…"

  7. attacco interrogativo: il lead parte da un interrogativo che il giornalista rivolge ai lettori. Ottiene quasi sempre l’effetto di trasformare un fatto di cronaca in un problema collettivo: l’avvenimento che produce la notizia passa in secondo piano e la vera notizia diventa la questione prospettata nel lead.
  8. "Italia più vicina all’Europa o Europa più vicina all’Italia? Mentre la lira…"

  9. attacco a sorpresa: l’articolo parte con un luogo comune, una frase fatta, un proverbio, applicabili in un’infinità di casi. Solo la seconda frase inquadra argomento e circostanze.
  10. "Mors tua vita mea. Il Cagliari vince lo spareggio per la permanenza in A e condanna la Juventus alla retrocessione"

  11. attacco a ripresa: una sorta di montaggio cinematografico di immagini legate da un filo conduttore, rappresentato in genere da una parola chiave.
  12. " Hanno sparato contro il simbolo della legge. Hanno aspettato che calassero le tenebre perché nessuno li riconoscesse. Tre colpi di pistola in mezzo alla campagna: credevano di averlo ucciso. Eppure hanno sbagliato i loro calcoli. Il maresciallo Rocca è ancora vivo".

  13. attacco discorsivo:
  14. "Si dice che i sardi siano testardi e pare che sia proprio vero. Ieri Gavino Piras, 55 anni, originario di Sanluri, dopo sette tentativi consecutivi andati a vuoto è riuscito ad evadere dal carcere di San Sebastiano a Sassari"

  15. attacco giudizio: il cronista prende posizione sul fatto. In genere viene usato in un giornale di partito (oppure politicamente orientato) o riguardo ad un fatto che sicuramente verrà condannato dalla morale comune.

"Quelle parole il sindaco se le poteva risparmiare. E non solo perché avrebbe fatto una migliore figura"

Scrivere l’articolo

Non esistono segreti per scrivere bene. Conta soprattutto l’allenamento alla penna, da cui nasce la tecnica dello scrivere: è un discorso ovvio. Nel giornalismo esistono tuttavia alcune regole pratiche, che possono aiutarci nella realizzazione di un buon articolo.

  1. Cercare di scrivere sempre in maniera semplice. Il risultato si ottiene cercando di usare una forma intermedia tra quella scritta e quella parlata. Per controllare se la prosa risulta in questo modo efficace il miglior metodo è leggere a voce alta la frase, e sentirne il suono. Evitare poi l’uso di parole insolite, o che comunque non useremmo mai nel descrivere un fatto a voce. E’ assolutamente sbagliato adoperare espressioni dialettali, luoghi comuni (p.e. notte brava, estremo saluto, massimo riserbo) o modi di dire gergali.
  2. Asciugare la prosa. Procedere nella narrazione attraverso frasi brevi, usando pochi aggettivi e pochi avverbi. Un incidente non può essere descritto semplicemente come "spaventoso". In un articolo ben fatto il giornalista lo deve raccontare nei dettagli, starà al lettore spaventarsi o meno. Rileggere la frase più volte ci può aiutare a trovare dei concetti che possono essere scritti in maniera più semplice, oppure a sfrondare il discorso da parti inutili.
  3. Le parole straniere. Se esiste il termine corrispettivo in italiano, usarlo. Se tuttavia la parola non è di fatto traducibile (p.e. gol, computer, marketing) si deve scrivere sempre al singolare e senza virgolette.
  4. I nomi. Quando si parla di persone o personaggi, scrivere almeno una volta dell’articolo nome e cognome, evitando l’utilizzo dell’articolo (p.e. ha detto il Rossi)
  5. Gli avverbi. Se si usano, evitare quelli che finiscono in –ente, ed usare piuttosto dei corrispettivi. (p.e. non indubbiamente ma senza dubbio). Il testo ne guadagnerà in scorrevolezza.

Le dichiarazioni. Fare attenzione a come si utilizzano. Sono utilissime per scandire il ritmo di un articolo, ad alleggerire una sua parte, ma vanno usate con criterio. Mai la frase fra virgolette deve essere troppo lunga. Può essere diretta e introdotta (p.e. Dice il sindaco Mariano Delogu: "Noi abbiamo fatto tutto…."), oppure diretta semplice (p.e."Abbiamo fatto tutto- dice il sindaco di Cagliari- anche se…."). O ancora, discorso indiretto: Il sindaco ha detto che l’amministrazione "ha fatto tutto".

Seconda lezione

I giornali

Abbiamo visto nel primo incontro qualche concetto teorico a base del giornalismo. Abbiamo anche individuato le tecniche più diffuse per scrivere l’inizio dell’articolo: la regola delle ‘4 W’ ed i vari segreti dell’attacco del pezzo.

Ora scendiamo dalla teoria alla pratica e prendiamo in considerazione non il modo di un articolo qualunque, ma l’articolo come opzione alla prova scritta del Concorso di Stato. I materiali per interpretare i contenuti che vengono attribuiti dal Ministero alla Pubblica istruzione a questa forma di scrittura sono prevalentemente costituiti dalle tracce del concorso dell’anno passato. Per centrare l’obiettivo di realizzare un buon elaborato, è necessario che ci atteniamo il più possibile alle volontà espresse da chi elabora i temi, e lavoriamo su questi quesiti.

Quale articolo dovremo scrivere?

Prima di tutto sappiamo di dover scrivere un articolo di giornale. Questo dato non è da sottovalutare, in quanto ogni media ha un suo linguaggio. La televisione, la radio ed il giornalismo su Internet seguono infatti regole molto diverse. In via generale possiamo dire che nel giornale abbiamo più spazio per esporre le notizie e sviluppare l’articolo. Possiamo dunque dedicare più attenzione ai particolari ed alla forma espositiva. Ma non solo. Per scrivere su un giornale dobbiamo prima conoscere al meglio lo strumento-giornale.

Nel compito nell’esame di Stato dobbiamo a questo proposito fornire alcune indicazioni precise: indicare quale sia il tipo di giornale che dovrebbe ospitare il nostro ‘pezzo’, ed il settore specifico in cui questo avverrà. Ancora meglio sarà anche se indichiamo la parte grafica della pagina in cui intendiamo sistemare l’articolo: questo dimostrerà la nostra lettura assidua dei giornali. Un fatto è infatti scrivere su un quotidiano ed uno scrivere su un periodico. Anche tra i quotidiano e tra i periodici tuttavia vi sono delle differenze, sulla diffusione ad esempio: nazionale o locale. E sul genere di giornalismo: generalista o di settore. In questa generalizzazione possiamo ricorrere ad uno schema.

Generalisti (notizie su tutti gli argomenti)

Nazionali

Di settore (notizie solo su un argomento specifico: es.sport)

Quotidiani Cittadini (raccontano la cronaca di una città)

Locali

Regionali (informano sui fatti di una o più zone geografiche)

Di massa (si rivolge a tutti)

Generalisti

Nazionali Mirati (parlano per un lettore preciso)

Di settore

Periodici Generalisti (trattano argomenti legati al contesto cittadino)

Locali

Di settore

Il principali quotidiani generalisti nazionali sono: Corriere della Sera (Milano), La Repubblica(Roma) , Il Messaggero(Roma), Il Giornale (Milano) e La Stampa (Torino).

Tra i quotidiani di settore invece troviamo: gli sportivi Gazzetta dello Sport (Milano), Tuttosport (Torino) e il Corriere dello Sport (Roma) ed un economico Il Sole 24 Ore. Tutti quanti vengono indicati come una anomalia editoriale. In nessun paese al mondo esistono infatti ben tre quotidiani nazionali sportivi. Il Sole 24 Ore è inoltre il quotidiano economico nazionale più diffuso in Europa (400 mila copie vendute in media).

Per quanto riguarda poi i quotidiani locali, questi sono innumerevoli. In Sardegna esistono due quotidiani cittadini: L’Unione Sarda (Cagliari) e La Nuova Sardegna (Sassari). Il primo vende in media 70 mila copie giornaliere, La Nuova 7 mila in meno. L’unione viene letto, oltre che nella zona di Cagliari, anche in grossa parte dell’oristanese. La Nuova invece difende il feudo delle provincie di Sassari e Nuoro.

Andando ai periodici, la questione si fa più complessa.

A livello nazionale possiamo individuare principalmente cinque settimanali generalisti di massa L’Espresso, Panorama, Lo Specchio, Sette ed Il Venerdì di Repubblica. Gli ultimi tre nascono come allegati di tre grossi quotidiani nazionali: La Stampa, Il Corriere della Sera e La Repubblica. Solo Lo Specchio può essere venduto anche singolarmente.

Enorme il numero delle riviste generaliste mirate. Si va dai femminili Marie Claire, Donna Moderna, D, Gioia, Geante e Grazia. Agli economici: Il Mondo e Capital . Agli ambientali e scientifici: National Geographic, Focus. Ai politici: Il Borghese.

E’ importante notare come vi sia la possibilità di pubblicare della stampa periodica di settore praticamente su ogni argomento: dalla pesca, all’informatica. Questo non avviene viceversa in quella quotidiana. I motivi sono fondamentalmente due. In primo luogo non sussisterebbero le condizioni economiche per realizzare un quotidiano su mercati cosiddetti di ‘nicchia’. Stampare un giornale costa molto. Per stamparlo quotidianamente occorre un notevole numero di lettori ed ingenti forze finanziarie, che si possono trovare attorno ad argomenti quali l’economia e lo sport (es. il Sole 24 ore ed i tre quotidiani sportivi), ma non certo per la musica o per il nuoto. Inoltre vi è il problema delle notizie. Certamente l’equitazione riuscirà ad offrire notizie per un periodico, ma non certo per un quotidiano.

Non ci deve sfuggire che il nostro modo di scrivere deve sempre tenere conto dei lettori di riferimento. Se scriviamo per un quotidiano nazionale sapremo di rivolgerci ad un pubblico mediamente colto, abituato ad essere informato su notizie e fenomeni sociali complessi. Viceversa nel caso del giornale sportivo generalista, sapremo di avere a che fare con destinatari di cultura diversa. Se su Repubblica dunque ci potremo sbizzarrire in qualche svolazzo linguistico-narrativo, sulla Nuova Sardegna questa licenza sarebbe probabilmente fuori luogo: meglio un racconto più semplice e comprensibile per tutti, anche se meno ‘bello’.

Stesso discorso vale per chi scrive su un giornale di settore. Il linguaggio dello sport è diverso da quello politico, o da quello artistico, o da quello che si occupa di letteratura. Per cui il redattore di giornale specializzato dovrà avere cura di usare sempre dei termini appropriati al contesto, se non vuole incappare in brutte figure al cospetto del suo lettore.

Dentro il giornale

I giornali ed il loro linguaggio cambiano a seconda del lettore di riferimento. Ma l’esigenza ad adattare il modo di esprimersi in funzione di chi legge non si ferma qui. Anche all’interno del singolo giornale vengono usate partizioni in settori e registri narrativi completamente diversi. Questo avviene soprattutto nei quotidiani e periodici generalisti, che dovendo offrire un prodotto ‘per tutti’, sono obbligati a seguire ogni argomento di interesse per il singolo lettore. Ed infatti, se prendiamo un quotidiano nazionale, troviamo che esso è diviso invariabilmente in sezioni quali la cronaca, l’attualità, gli esteri, l’economia, la cultura, gli spettacoli, lo sport. Oltre a queste, troviamo inoltre come appendice (o sotto forma di pagine speciali) delle parti del giornale dedicate a settori specifici: il lavoro, la finanza, la moda etc.

Il linguaggio in questi contesti assume aspetti che possono arrivare fino al linguaggio tecnico da rivista specializzata. Questo da un lato fornisce un valido strumento di informazione per i cosiddetti addetti ai lavori, ma per contro contribuisce ad allargare la forbice culturale tra il lettore medio ed il lettore interessato. Il rischio, già tangibile nella realtà dei fatti, è quello di creare una permeabilità di interi settori dell’informazione (soprattutto quelli riguardanti l’economia e la tecnologia) alla massa dei lettori. La conseguenza consiste nella formazione di categorie di nuovi mandarini della conoscenza, spesso strettamente legata alle fasce più dinamiche del mondo del lavoro e del benessere sociale. Un passo indietro, che ci riporterebbe ai tempi in cui il giornale era un prodotto d’élite.

Un altro aspetto che si riscontra sempre più nei quotidiani, sia nella loro impostazione che nella redazione dei singoli articoli è poi la settimanalizzazione. La cronaca quotidiana non basta più a vendere copie del giornale. Il testimone del parlare di oggi è stato preso da tempo dall’informazione televisiva. Cosi la stampa quotidiana cerca costantemente di trovare nuovi modi per interessare i propri lettori. E li trova rubando ai settimanali tradizionali (modello Espresso, per intenderci) lo stile ed i contenuti tipici. Molto spazio per il gossip, dunque, a dichiarazioni, ad aspetti secondari delle notizie, non sempre quotidiane, ma più spesso legate a temi d’attualità.

Sfogliando i giornali scopriamo infine un altro importante dato: l’impostazione grafica. Partendo dai periodici, dove la distribuzione del testo e delle foto non segue regole fisse, ma si adatta ai generali canoni di impatto visivo verso il lettore, si nota come sia l’immagine ad essere l’elemento senz’altro più importante nell’informazione. Colpa certamente dell’effetto-televisione, fatto sta che il testo nella stampa periodica tende sempre di più ad assumere un ruolo secondario. L’articolo in questo contesto, piuttosto che essere un racconto a se, ha il dovere di fare da filo conduttore tra la notizia ed il reportage fotografico. Il motivo di tutto questo è semplice. Il periodico nasce come forma di svago, non come esigenza di informazione. La lettura dell’articolo risulta più rilassata, mano impegnata, rispetto al quotidiano. Più che notizie, nella rivista cerchiamo storie, situazioni ed atmosfere. Per soddisfare questa esigenza informativa, la formula grafica del periodico classico (che propone prima il titolo-immagine, poi la storia raccontata attraverso le immagini ed in ultimo l’articolo) è finora risultata la più efficace.

Discorso ben diverso invece è quello dell’impaginazione del quotidiano. Qui l’esigenza di informare attraverso notizie ‘calde’, cioè di fatti accaduti da poco tempo, impone una diversa forma grafica. Da una parte occorre mantenere uno standard di impaginazione. Il lettore infatti deve sapere come leggere il giornale: quale parte della pagina sarà dedicata all’articolo più importane, quale ospiterà l’editoriale e cosi via. La notizia principale, a cui nella pagina viene dato maggiore risalto grafico, viene sistemata nella cosiddetta apertura. Accanto a questa, in genere a destra, vi è poi la spalla, che coincide con la seconda notizia del giorno. In alternativa, questa viene ospitata nella parte centrale della pagina, con un titolo più piccolo di quello di apertura. Lo spazio in alto a sinistra nella prima pagina di solito ospita l’articolo di fondo, un commento su un fatto del giorno (il più delle volte di politica) redatto dal direttore del giornale, da un giornalista di fama, oppure da un intellettuale. La parte bassa della pagina di solito ospita notizie meno importanti. In alternativa (specie in prima pagina) resoconti su fatti curiosi o comunque strettamente legati alle dinamiche sociali connesse ad un fatto accaduto.

Il titolo

Uno dei requisiti chiesti nel compito all’Esame di Stato è quello di comporre un titolo per l’articolo che si sceglie di redigere. Anche qui, vale il solito discorso. Ci vogliono bravura ed attitudine individuale per realizzare un buon titolo, specie se ci si trova davanti ad un argomento spinoso e controverso, come quello della traccia dell’Esame. Qualche consiglio pratico tuttavia ci può aiutare.

Prima di tutto occorre conoscere alcune nozioni di base sulla titolazione. Da un punto di vista tecnico, secondo la tradizione, il titolo si compone principalmente di quattro parti. Il titolo vero e proprio, e cioè la frase graficamente in maggiore evidenza (ha il compito di dare la notizia) , l’occhiello (il titoletto che si trova sopra il titolo, ha il compito di introdurla), il sommario ( simile all’occhiello, di solito redatto su più righe, collocato sotto il titolo, o sotto la foto o talvolta anche incassato nel testo. Deve chiarire la notizia) ed il catenaccio (un vero e proprio secondo titolo, di solito sistemato sotto il sommario, con cui si mette l’accento su un aspetto importante della notizia).

Esempio:

occhiello Una tonnellata di tritolo:5 morti e 7 feriti. Mea culpa dei partiti a Roma

titolo FALCONE ASSASSINATO

Strage di mafia, è morta anche la moglie

catenaccio SHOCK A MONTECITORIO:OGGI IL PRESIDENTE

sommario Uccisi anche i tre agenti della scorta

"Mi hanno delegittimato, ora Cosa

Nostra è pronta per vendicarsi…"

Scalfato o Spadolini al Quirinale?

L’unico elemento che non piò mai mancare è ovviamente il titolo Occhiello, sommario e catenaccio possono o non possono esserci. L’obiettivo da raggiungere è lo stesso dell’articolo. Informare con chiarezza, completezza e piacevolezza. Quindi se il titolo da solo riesce a dire tutto sulla notizia, non c’è bisogno di aggiungere altri elementi. Occorre rispondere alle 5 domande, attirando l’attenzione del lettore su una notizia forte, come nell’esempio, o su un argomento che può interessare in qualche modo il lettore. Bisogna perciò fare scelte importanti sulla parte del fatto da sottolineare. Il carattere fortemente sintetico che contraddistingue la titolazione infatti non ci consente di dilungarci in lunghe spiegazioni. Dobbiamo trovare una, due o tre frasi brevi che ci raccontino la notizia, per i dettagli c’è l’articolo.

Da un punto di vista formale i titoli si dividono in due categorie: paradigmatici (o caldi o ad effetto o emotivi) ed enunciativi (o freddi o piani o informativi). Sono enunciativi i titoli che danno la notizia in maniera diretta (ad es. FALCONE ASSASSINATO oppure LA DESTRA VINCE LE ELEZIONI). Vengono usati per quelle notizie che possono non essere a conoscenza del lettore, cioè quelle già viste in tv o ascoltate alla radio. Con il titolo paradigmatico invece si fa leva su un particolare, anche secondario, che possa tuttavia attirare l’attenzione del lettore ( ad es. PROFESSIONE ATTORE ecco come si impara il mestiere del palcoscenico oppure E’ QUI LA FESTA Oggi la festa della mamma, una pagina speciale). La dinamica di questo tipo di articolo può fare riferimento ai più svariati argomenti. Si possono usare modi di dire, giochi di parole, titoli di film, citazioni letterarie, una dichiarazione forte, interrogativi, frasi-paradosso. Questo ovviamente non vuol dire che si può venire meno al dovere di chiarezza in nome della frase ad effetto. Ogni titolo infatti non ha senso di per se stesso: un titolo non chiaro o sproporzionato rispetto alla notizia può danneggiare l’articolo, più che arricchirlo.

La dinamica dell’articolo

E siamo arrivati alla realizzazione pratica dell’articolo per l’Esame. Prima considerazione: la lunghezza. Tenete conto che potete scrivere al massimo tre colonne di foglio protocollo. Quindi si tratta di un "pezzo" abbastanza breve. Visto che la traccia sarà quasi sicuramente simile a quelle che normalmente vengono proposte per i temi, è importante dedicare la parte iniziale del lavoro alla riflessione su come strutturare l’articolo.

Il primo passo deve essere quello di studiare la traccia, e vedere quale è l’elemento determinante, che lo rende notiziabile, cioè che ne potrebbe rendere possibile la divulgazione giornalistica. Come fare a trovarlo è abbastanza semplice. Abbiamo infatti detto che l’interesse nel lettore deve essere il nostro obiettivo principale. Bene, chiediamoci: tra le 4W, qual è quella più interessante?

Di solito una notizia non trova il suo punto di forza su tutte le 5 domande, ma su di una sola di esse. Nel caso di un omicidio, il cosa? (un uomo che toglie la vita ad un altro uomo) è un dato sempre molto importante, il quando? invece è rilevante solo in pochi casi (ad esempio se accade la notte di Natale), mentre è più probabile che la notizia stia nel come? (a colpi di martello), o nel chi? (un personaggio famoso), nel perché? (motivi passionali) o nel dove? (in una chiesa). La notizia, cioè l'elemento di probabile interesse del lettore verso il fatto, sarà l'elemento cardine dell'articolo

Prendiamo a questo punto il tema di Letteratura dello scorso anno: " Poeti e letterati di fronte alla "grande guerra"". E' una traccia molto difficile, in quanto si riferisce ad un periodo storico letterario ancora poco studiato. Viene accompagnata tuttavia da alcuni brani di autori del tempo, che ci possono aiutare non poco nel nostro lavoro.

"Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo -, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna."

MANIFESTO DEL FUTURISMO, "Le Figaro", 1909

***

"Edizione della sera! Della sera! Della sera!

Italia! Germania! Austria!"

E sulla piazza, lugubremente listata di nero,

si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!

Un caffè infranse il proprio muso a sangue,

imporporato da un grido ferino:

"Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!

I tuoni degli obici sul marmo di Roma!"

Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette

gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio

e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:

"Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi! …"

Vladimir MAJAKOVSFKIJ, 1914

***

[...] siamo troppi. La guerra è un'operazione malthusiana. C'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita [...].

Fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel colore dei panni, quanti saranno, non dico da piangere, ma da rammentare? Ci metterei la testa che non arrivino ai diti delle mani e dei piedi messi insieme [...].

Giovanni PAPINI, Amiamo la guerra,

in "Lacerba", II, 20, 1914

***

È una vecchia lezione! La guerra è un fatto, come tanti altri in questo mondo; è enorme, ma è quello solo; accanto agli altri, che sono stati e che saranno: non vi aggiunge; non vi toglie nulla. Non cambia nulla, assolutamente, nel mondo. Neanche la letteratura: [...].

Sempre lo stesso ritornello: la guerra non cambia niente. Non migliora, non redime, non cancella: per sé sola. Non fa miracoli. Non paga i debiti, non lava i peccati. In questo mondo, che non conosce più la grazia.

Il cuore dura fatica ad ammetterlo. Vorremmo che quelli che hanno faticato; sofferto, resistito per una causa che è sempre santa, quando fa soffrire, uscissero dalla prova come quasi da un lavacro: più duri, tutti. E quelli che muoiono, almeno quelli, che fossero ingranditi, santificati: senza macchia e senza colpa.

E poi no. Né il sacrificio né la morte aggiungono nulla a una vita, a un'opera, a un'eredità [...]. Che cosa è che cambierà su questa terra stanca, dopo che avrà bevuto il sangue di tanta strage: quando i morti e i feriti, i torturati e gli abbandonati dormiranno insieme sotto le zolle, e l'erba sopra sarà tenera lucida nuova, piena di silenzio e di lusso al sole della primavera che è sempre la stessa? [...].

Renato SERRA, Esame di coscienza di un letterato,

in "La Voce", 30.4.1915

***

[...] Accesa è tuttavia l'immensa chiusa fornace, o gente nostra, o fratelli: e che accesa resti vuole il nostro Genio, e che il fuoco ansi e che il fuoco fatichi sinché tutto il metallo si strugga, sinché la colata sia pronta, sinché l'urto del ferro apra il varco al sangue rovente della resurrezione [...].

Gabriele D'ANNUNZIO, Sagra dei Mille

(dal Discorso tenuto a Quarto il 5.5.1915)

***

"Guerra! Quale senso di purificazione, di liberazione, di immane speranza ci pervase allora![...]. Era la guerra di per se stessa a entusiasmare i poeti, la guerra quale calamità, quale necessità morale.

Era l'inaudito, potente e passionale serrarsi della nazione nella volontà di una prova estrema, una volontà, una radicale risolutezza quale la storia dei popoli sino allora forse non aveva conosciuto. [...].

La vittoria della Germania sarà un paradosso, anzi un miracolo, una vittoria dell'anima sulla maggioranza. La fede in essa va contro la ragione. [...]. L'anima tedesca è troppo profonda perché la civilizzazione divenga per essa il concetto più sublime. La corruzione o il disordine dell'imborghesimento le sembrano un ridicolo orrore. [...].

Non è la pace appunto l'elemento della corruzione civile, corruzione che le appare divertente e spregevole al tempo stesso?".

Thomas MANN, Pensieri di guerra, novembre 1914,

in "Scritti storici e politici", trad. it. Milano, 1957

Abbiamo tutti gli elementi per scrivere un articolo. Abbiamo il chi? (poeti ed intellettuali) il dove? (in Europa) il cosa? (la discussione sulla Prima guerra mondiale) il quando? (inizio del secondo decennio del Novecento), il come? (chi era a favore, chi contro; chi guardava alla guerra con l'ottica del realismo, chi con quella dell'idealismo; chi prendeva l'argomento per fare letteratura o poesia, e utilizzava l'esperienza letteraria per divulgare la propria posizione politica), il perché? (ad esempio, perché quella guerra fu decisa dalle élite dominanti d'Europa, a cui la classe degli intellettuali apparteneva; perché in quel tempo c'era maggiore partecipazione degli intellettuali alla politica; perché le principali correnti culturali del tempo erano impegnate a realizzare non opere artistiche e letterarie fini a se stesse, ma legate un vero e proprio progetto generale del mondo. )

Possiamo anche far parlare gli autori, riportando le rispettive posizioni riguardo al tema sotto forma di dichiarazione (anche al presente, es: "Siamo troppi", azzarda Giovanni Papini sulla rivista Lacerba. Per lui il primo conflitto non era altro che un "operazione malthusiana". E' importante in questo caso prendere però una serie di accorgimenti. Evitare le dichiarazioni troppo lunghe. Invece di alleggerire l'articolo, lo appesantiscono. Ma soprattutto, fare bene attenzione alle frasi che si intende citare: occorre che siano significative e che spieghino con chiarezza il concetto che si vuole comunicare.

A questo punto si pone la scelta determinante: su quale argomento si soffermerà l'articolo. Visto lo spazio limitato che abbiamo a disposizione, è bene che scegliamo di approfondire un solo aspetto del tema. In questo caso potrebbe essere il Come gli intellettuali si posero di fronte alla Grande guerra. La risposta, l'abbiamo accennata sopra, potrebbe fare riferimento al dibattito tra idealismo e realismo tipico di quegli anni. Da qui alla messa su carta delle idee c'è solo la scelta dell'attacco, che ad esempio potrebbe essere:

Guerra di idee, guerra di pallottole. Gli intellettuali europei non guardarono la Grande guerra da semplici spettatori. L'armata dei poeti e dei letterati prese in mano le penne e combatté il suo conflitto, chi da una parte chi dall'altra. Era il secondo decennio del Novecento, la partecipazione politica era uno degli imperativi per chi faceva cultura. Erano anche gli anni del dibattito, accesissimo, tra idealismo e realismo. In arte come in letteratura, in politica come in economia. Fatto strano, tuttavia: l'appartenenza ad una di queste due correnti filosofiche non coincise con la scelta di campo. Vi furono idealisti tanto per la guerra quanto tra gli oppositori. Il ricorso alle argomentazioni empiriche vi furono tanto nel sostenere il conflitto, quanto nell'avversarlo….

Per il titolo, si potrebbe scegliere la via più semplice

Titolo PAROLE E PALLOTTOLE

Sommario Intellettuali europei di fronte alla Grande guerra

Un articolo del genere si potrebbe trovare sia su una rivista culturale (meglio se nazionale o internazionale) che nella pagina culturale di un quotidiano (se locale, comunque deve essere un giornale di buon livello e con una solida tradizione). Su un quotidiano nazionale si potrebbe rischiare persino un articolo da prima pagina, magari un 'fondo' che faccia un confronto tra il comportamento degli intellettuali europei durante la prima guerra mondiale e quanto si è visto durante la guerra della Nato contro la Serbia.

Per finire un articolo. Il buon senso regala un suggerimento semplice semplice; un articolo finisce quando si esauriscono le cose che si devono dire. E’ importante resistere alla tentazione di concludere con un finalino a effetto, un pensierino, una morale della storia. Si rischierebbe in un colpo di rovinare il buon lavoro svolto nel pezzo.

Qualche riferimento bibliografico

La produzione di testi che in qualche modo trattano il giornalismo, la sua storia e le sue tecniche è stata sempre copiosa, sia in Italia che all’estero. Non è qui ovviamente il luogo dunque, per dare un’indicazione bibliografia completa ed esauriente sull’argomento.

Ci limitiamo piuttosto a segnalare qualche titolo particolarmente adatto all’uso didattico, scelto tra quelli che sono stati adoperati per strutturare e preparare le due lezioni svolte al Liceo Pitagora.

Il linguaggio e la tecnica dell’articolo

  1. Cavallari, La fabbrica del presente, Milano 1990

M. Dardano, Il linguaggio dei giornali italiani, Bari, 1973

M. Dardano, Un’analisi del linguaggio del quotidiano e dell’agenzia, in Aa.Vv. Il linguaggio della divulgazione, Milano, 1986

M.Lenzi, Il giornale, Roma 1981

S. Lepri, Scrivere bene e farsi capire, Torino 1988

M. Medici e D. Proietti (a cura di) Il linguaggio del giornalismo Milano, 1992

  1. Papuzzi, Manuale di Giornalista Roma, 1993

P. Murialdi, Come si legge un giornale, Milano, 1975

P. Murialdi Il giornale, Bologna 1998

GF. Luparelli e Marco Ludovici, L’articolo di giornale all’esame di maturità, Roma 1999

Il Giornalismo e la sua storia

E. Bettizza, Via Solferino, Milano 1982

V. Capecchi e M. Livolsi, La stampa quotidiana in Italia, Milano 1971

V. Castronovo e N. Tranfaglia (a cura di) La stampa italiana del neocapitalismo, Bari 1976

V. Castronovo e N. Tranfaglia (a cura di) La stampa italiana nell’età della TV, Bari 1990

P. Murialdi Storia del giornalismo italiano Torino, 1986

P. Murialdi, La stampa italiana del dopoguerra 1943-1972, Bari 1973

G. Pansa, Comprati e venduti, Milano 1977

R.Razzante, Giornalismo e comunicazione pubblica, Milano 2000

Riviste sul giornalismo

Problemi dell’informazione (trimestrale, ed. Laterza)

Storicamente è la rivista scientifica più seria attendibile sul mondo della comunicazione. Trimestrale, è stata fondata da Paolo Murialdi, che tutt’ora è direttore onorario. Raccoglie i saggi dei principali studiosi italiani della materia.

Prima Comunicazione (mensile)

E’ una sorta di ‘Bibbia’ per chi fa informazione ed editoria in Italia. Il suo taglio è quello del periodico classico di settore. Presenta ogni mese i dati di vendita di tutte le principali testate, articoli sulle vicende e gli equilibri interni dei giornali, delle televisioni e dei media in genere. Ne viene pubblicata una parte su internet (http://www.italian.it/primacomunicazione/)

Sul Web

Sull'articolo giornalistico all'esame di Stato è possibile consultare l'apposita voce nel sito del ministero alla Pubblica Istruzione.

Vi sono poi i siti istituzionali dei giornalisti italiani. L'elenco si può trovare su www.fnsi.it oppure sulla pagina dei link di www.nuovacitta.net.